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La notizia diffusa in queste settimane a proposito della decisione presa da Elastic nel modificare la licenza di Elasticsearch dopo il conflitto con AWS, che fa uso del software e lo offre come servizio ai suoi clienti, ha generato come prevedibile un po’ di disorientamento tra clienti e utenti finali.
Come Seacom abbiamo sentito l’esigenza di dire la nostra su questa questione. Ce lo stanno chiedendo i nostri clienti. Si tratta di una vicenda che sta creando dibattito nel mondo dell’open a noi molto caro. Proviamo quindi a fare chiarezza passo per passo e a rassicurare l’utenza sulle scelte fatte da Elastic.
Che cosa è accaduto precisamente?
Recentemente Elastic, di cui siamo partner storici da otto anni, ha cambiato la licenza della versione Community.
I prodotti erano rilasciati in precedenza sotto una licenza Apache riconosciuta ufficialmente come open source dall’OSI Foundation da cui era partito tutto lo sviluppo. Elastic ha poi annunciato che dalle prossime versioni non rilascerà più il codice per i prodotti Elasticsearch e Kibana. Beats e Logstash che non saranno oggetto di questo cambiamento.
La versione Community del software sarà rilasciata tramite una licenza SSPL (Server Side Public License) creata per la prima volta da MongoDB, e si affianca alla licenza Elastic Public License versione 2 che copre le sia le versioni Community che quelle proprietarie.
Perché questa azione di Elastic?
Questa mossa intrapresa da Elastic è orientata a contrastare l’utilizzo delle versioni Community di Elasticsearch da parte dei top provider, come Amazon Web Services. Un’azione messa in atto quindi contro i cloud provider, che utilizzano la soluzione per erogare un servizio a milioni di persone e ricavarne i corrispettivi economici senza di fatto aver nessun obbligo nei confronti di chi ha sviluppato quel software.
Elastic ha adottato una licenza piuttosto controversa perché la SSPL viene presentata come totalmente libera. Ognuno può utilizzare liberamente o modificare, e ridistribuire il software come vuole. Per chi invece lo usa per fornire un servizio in cloud deve comunque rilasciare tutto il software per erogare quel servizio con la stessa licenza, inclusi quelli di backup, di monitoraggio e provisioning.
La community si ritrova così con una licenza che non può essere riconosciuta come open source. Questo è piuttosto paradossale perché uno dei come uno dei principi fondamentali dell’open consiste proprio nel non discriminare chi usa il software e l’utilizzo che ne fa.
Il tema resta aperto. Lo sviluppo open source ha dimostrato di essere vincente. La duttilità che può avere una community può essere veramente vasta. Dobbiamo distinguere quindi quello che è un modello di sviluppo da quelli che sono le modalità di business su quale vengono elaborate verticalizzazioni e feature aggiuntive “chiuse”.
Il caso Elastic mette un po’ in discussione questo modello. Nel momento in cui un progetto o una soluzione open source viene gestita soltanto da un’unica azienda, magari quotata in borsa, rimane difficile mantenere i principi di apertura verso la community e trovare l’equilibrio tra le esigenze di quest’ultima e quelle di business.
Riepilogo delle licenze Elastic
Come cambiano le abitudini dei clienti Elastic e perché non c’è motivo di allarmarsi?
Per chi utilizza Elasticsearch e Kibana non cambia sostanzialmente niente. I diritti di un utente finale di Elastic sono infatti sanciti dal rapporto contrattuale indipendente dalla licenza con cui viene rilasciato il software. In alternativa è possibile utilizzare la versione Community a livello personale sia la Basic gratuita ma non liberamente modificabile.
Per l’utilizzatore finale quindi non cambia niente.
Cambia invece per chi eroga i servizi in cloud o li gestisce presso i clienti con la versione community perché, a partire dall’ ultima versione 7.11, non è più possibile farlo.
Quali sono le conseguenze di questa scelta?
In seguito a questa vicenda si sta profilando all’orizzonte un fork di Elastic capitanato da AWS, con successive aggiunte e modifiche apportate divergenti dalle prossime versioni da Elastic. Ci sarà quindi un prodotto che si chiamerà in modo diverso rilasciato sotto la licenza Apache ed avrà un suo sviluppo proprio sempre di più divergente da Elasticsearch. Chi vuole erogare servizi in cloud ha due opzioni: accordarsi con Elastic a fronte di un corrispettivo per erogare il servizio o valutare soluzioni alternative come il fork preannunciato.
La posizione di Seacom
Noi stiamo chiaramente molto attenti all’evoluzione di questa querelle. Da una parte si è generata una notevole confusione su vari fronti, dall’altra ha evidenziato delle esigenze per le quali andrà trovata una soluzione. La risonanza di questa situazione è stata importante, e sarà importante capire l’evoluzione che avranno i modelli business open source in questo contesto sempre più orientato al cloud.
Continuiamo a credere sempre in Elastic, un prodotto di alto livello e sta cercando comunque di mantenere la sua anima open e orientata alla community. Certo è che queste mosse avranno un impatto nell’evoluzione futura del prodotto, e quindi continueremo a valutare le attentamente i relativi sviluppi.
Lavorare con l’open source significa anche accettare le sfide, capire il posizionamento delle tecnologie e le soluzioni su cui investire in futuro. Cerchiamo sempre di essere il vostro punto di riferimento su questioni come quella appena descritta.
Nel video qui di seguito approfondiamo la questione con il CEO di Seacom Stefano Pampaloni: